INCONTRARE L’ANIMA GEMELLA: SUCCEDE DAVVERO?

Bacio ballerina Si parla sempre dell’anima gemella come di quell’altra parte di sé, a giro per il mondo, che prima o poi si incontrerà. Quante volte gli amici dicono, un po’ per rassicurare, un po’ per rassicurarsi, che da qualche parte nel mondo c’è la persona giusta e, quando il destino lo vorrà, la si incontrerà? Parliamone un po’!

Vorrei iniziare con un vecchio detto delle nonne: “Quando si chiude una porta si apre un portone”. Il senso dell’incontro e della perdita dell’altro mi sembra che stia proprio qui: se perdiamo una persona, significa che il nostro compito, all’interno della nostra relazione, è finito, portandoci insegnamento e nuove prospettive. La prossima relazione sarà migliore, proprio perché “aggiusteremo il tiro” e riusciremo ad evitare vecchi errori. Così facendo, miglioreremo sempre di più fino ad arrivare ad una relazione intensa e nutriente che ci farà immaginare di avere trovato l’altra parte di noi, la famosa “anima gemella”. Questo è quello che penso, sia per esperienza personale, sia per tante storie ascoltate da persone amiche e, soprattutto, nel mio studio di psicoterapeuta. Ma vediamo un po’ cosa succede quando si parla di innamoramento, fine di un amore, relazioni finite, mali d’amore.

Spesso accade che le persone, alla fine di una relazione, tendano ad essere convinte che non incontreranno ma i più una persona così, che sarà impossibile innamorarsi di nuovo e che nessuno potrà far loro dimenticare chi se n’è andato. Ogni volta che una persona si siede davanti a me sul mio divano rosso, ascolto il dolore della perdita, della separazione, del non ritrovare quella quotidianità alla quale era abituata. Ecco che improvvisamente essa avverte il vuoto, la paura di non ritrovare qualcuno che la completava, quella mitica altra metà del proprio essere, confondendo l’amore con la simbiosi.

E sì, perché l’amore non è dipendenza, non è simbiosi, non è stare sempre insieme condividendo tutto, non è avere gli stessi gusti, le stesse inclinazioni, in una sorta di continua adesività! L’amore è libertà, è avere la possibilità di scegliersi e ri-scegliersi ogni volta, assumendosene la responsabilità ed i rischi. L’amore è guardare l’altro e apprezzarlo nella sua diversità, cercando di non cambiarlo a proprio gusto ma tentando un accordo continuo, con un atto che metta insieme, creando qualcosa di nuovo, due diverse personalità, gusti, bisogni e desideri. Come dice Virginia Satir, in un suo scritto, “Voglio poterti amare senza aggrapparmi, apprezzarti senza giudicarti, raggiungerti senza invaderti, invitarti senza insistere, criticarti senza biasimarti, aiutarti senza umiliarti. Se vuoi concedermi la stessa cosa, allora potremmo veramente incontrarci ed aiutarci reciprocamente a crescere”.

Ecco, questo è quello che considero amare, ed è ciò che cerco di trasmettere alle persone che arrivano al mio studio e si siedono sul divano rosso. Le parole magiche sono:

  • Autonomia: solo se sono una persona autonoma posso camminare accanto ad un’altra, come compagni di viaggio, che si aiutano e si sostengono nel loro percorso, a volte anche camminando da soli, per poi rincontrarsi e condividere il proprio vissuto, senza dipendere l’uno dall’altro.
  • Rispetto: rispettare significa dare valore, prima di tutto a noi stessi. Rispettare una persona vuol dire trattarla come vorremmo essere trattati, mettendosi nei suoi panni, rispettando le sue scelte, i suoi desideri, riconoscendo che vale in quanto essere umano. Tutto ciò ha a che fare con la gentilezza, la comprensione, l’ascolto, l’empatia.
  • Fiducia: la fiducia non è sinonimo di certezza, al contrario significa assumersi la responsabilità del rischio che l’altro possa tradirti o farti del male.
  • Non avere aspettative: a questo proposito mi viene in mente la Preghiera della Gestalt di Fritz Perls: “Io sono io. Tu sei tu. Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative. Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative. Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa. Se ci incontreremo sarà bellissimo; altrimenti non ci sarà stato niente da fare.” È importante dire, chiedere, ciò che ci farebbe piacere ricevere, invece di aspettarsi che l’altro lo faccia, indovinandolo!

Amare, quindi, vuol dire essere autonomi, rispettare se stessi e l’altro, avendo fiducia e imparando a chiedere ciò che si desidera senza aspettarsi che l’altro faccia ciò che si desidera. Qualcun potrebbe dire che così si perde di spontaneità ma ciò significa pensare che l’altro possa indovinare cosa si desideri o di che cosa abbiamo bisogno, non rendendosi conto che ogni persona ha il proprio carattere, la propria educazione, il proprio background ed una personale prospettiva di vita. Amare, quindi, significa incontrare un altro diverso da me con il quale posso scontrarmi, incastrarmi, compensarmi, imparare, scambiare.

Per concludere, tornando alla ricerca dell’anima gemella, anche se credo che non esista ma si costruisca nel tempo e attraverso le relazioni, ecco la leggenda cinese del filo rosso, che unisce indissolubilmente due persone destinate a vivere insieme, non importa la distanza, l’età, la classe sociale o altro, e che lega due anime per sempre:

Durante la Dinastia Tang (regnante dal 618 d.C. al 907) c’era un tale di nome Wei i cui genitori morirono quand’era ancora molto giovane. Una volta diventato grande desiderava ardentemente sposarsi e avere una famiglia, ma purtroppo, per quanto la cercasse, non riusciva a trovare una moglie.

Mentre era in viaggio, giunse un giorno in una città di nome Song, dove trovò alloggio in una locanda. Lì incontrò uno sconosciuto al quale, chiacchierando, espose le proprie difficoltà. L’altro gli disse che la figlia del governatore della città sarebbe stata un buon partito per lui, e si offerse di parlare con il padre della ragazza. Dopodiché i due decisero di rincontrarsi il mattino dopo di buon’ora davanti al tempio vicino alla locanda. In preda all’ansia, Wei giunse al tempio prima dell’alba, quando la luna era ancora alta in cielo. Sui gradini del tempio, appoggiato con la schiena a un sacco, sedeva un vecchio, intento a leggere un libro alla luce della luna. Avvicinandosi e data un’occhiata alle pagine da sopra la spalla del vecchio, Wei si accorse di non poterne leggere neppure una parola. Allora, incuriosito, gli chiese: “Signore, che libro è quello che stai guardando? Fin da bambino ho studiato parecchie lingue e conosco molte scritture, ma mai in vita mia ho visto un libro simile.”Il vecchio rispose sorridendo: “E’ un libro proveniente dall’Aldilà”.
“Ma se tu vieni da un altro mondo, che ci fai qua?” chiese Wei Prima di rispondere il vecchio si guardò attorno, quindi disse: “Ti sei levato molto presto. Di solito non c’è in giro nessuno, tranne quelli come me. Noi dell’Aldilà, incaricati di occuparci delle faccende umane, dobbiamo andare qua e là tra gli uomini, e spesso lo facciamo nella luce crepuscolare dell’alba”“E di che ti occupi?”“Dei matrimoni” replicò l’altro. Allora Wei gli aprì il suo cuore: “Sono solo al mondo fino dall’infanzia, e da molto tempo avrei voluto sposarmi e avere una famiglia. Per dieci anni ho cercato invano una sposa. Adesso spero di sposare la fanciulla del maresciallo. Dimmi, si realizzerà la mia speranza?” Il vecchio guardò il libro e rispose: “No. Non è la persona a te destinata. In questo momento quella che sarà tua moglie ha solo tre anni, e la sposerai quando ne avrà diciassette.”

Deluso dall’idea di dover aspettare tanto, Wei notò il sacco cui il vecchio si appoggiava e gli chiese cosa contenesse. Filo rosso per legare i piedi di mariti e mogli. Non lo si può vedere, ma una volta che sono legati non li si puo’ più separare. Sono già legati quando nascono, e non conta la distanza che li separa, né l’accordo delle famiglie, né la posizione sociale: prima o poi si uniranno come marito e moglie. Impossibile tagliare il filo. Sicchè, visto che sei già legato alla tua futura moglie, non c’è niente da fare” rispose il vecchio. E alla nuova domanda di Wei il vecchio replicò che la futura sposa non viveva lontana da lì, e che era la figlia della vecchia Chen, che aveva un banco sul mercato.“Posso vederla?”.“Se davvero lo desideri, te la mostrerò, ma ricordati che il tuo futuro non cambierà.”Ormai l’alba era spuntata e, visto che l’uomo che attendeva non si vedeva, Wei tutto eccitato seguì il vecchio al mercato. Dietro la bancarella di frutta e verdura stava una povera vecchia cieca da un occhio, con una bambinetta al collo di circa tre anni, tutte e due  vestivano di stracci. “Ecco tua moglie” fece il vecchio indicando la piccina, e Wei replicò in preda alla delusione: “E se io la uccidessi?”.“E’ destinata a portare ricchezze, onori e rispetto alla tua famiglia. Qualsiasi cosa tu faccia, non puoi cambiare il destino” e così dicendo il vecchio scomparve.

Profondamente deluso e incollerito con il messaggero dell’oltretomba, Wei lasciò il mercato con intenzioni omicide. Trovato un coltello e resolo affilato come un rasoio, lo diede al suo servo dicendogli: “Hai sempre eseguito i miei ordini. Adesso va’ a uccidere quella bambina, e io ti compenserò con cento pezzi di rame.” Il giorno dopo il servo, nascosto il coltello nella manica, andò al mercato e, celato tra la folla, si fece strada fino alla vecchia e alla bambina. Di colpo cavò il coltello, colpì la piccola, si voltò e scappò via, confondendosi con la folla strillante in preda al panico.“Ci sei riuscito?” gli chiese Wei quando il servo si presentò.Ho cercato di colpirla al cuore, ma invece l’ho colpita tra gli occhi”. Il ragazzo ricevette il compenso pattuito e Wei, sollevato all’idea di essere libero di sposare chi volesse, continuò la sua solita vita, e col tempo si scordò dell’intera faccenda.

Tuttavia i suoi tentativi di trovare moglie furono vani, e così trascorsero quattordici anni. A quell’epoca lavorava in una località chiamata Shiangzhou, e le cose gli andavano molto bene, tanto che il suo superiore, il governatore locale, gli offrì in moglie la propria figlia. Così finalmente Wei ebbe una moglie bella e di ottima nascita, una diciassettenne che amava moltissimo.Non appena la vide Wei notò che la ragazza portava sulla fronte una pezzuola che non si toglieva mai, neppure per lavarsi e dormire. Non le chiede nulla, ma la cosa non cessava di incuriosirlo. Poi, parecchi anni dopo, si ricordò all’improvviso del servo e della bambina al mercato, e decise di chiedere alla moglie la ragione della pezzuola.

Piangendo lei gli rispose: “Non sono la figlia del governatore di Shiangzhou, bensì sua nipote. Un tempo mio padre era il governatore di una città di nome Song, e là morì. Ero ancora piccola quando morirono anche mia madre e mio fratello. Allora la mia governante, la signora Chen, ebbe pietà di me e mi prese con sé. Avevo tre anni quando mi porto con sé al mercato, dove un pazzo mi accoltellò. La cicatrice non è scomparsa, e per questo la copro con una pezzuola. Circa sette od otto anni fa, mio zio ritornò dal Sud e mi prese con sé, per poi maritarmi come se fossi stata sua figlia.”“La signora Chen era per caso cieca da un occhio?” chiese Wei. E la moglie stupita: “Sì, ma come lo sai?”. “Sono stato io a cercare di ucciderti” spiegò Wei profondamente commosso “Com’è strano il destino!” Dopodiché raccontò l’intera storia alla moglie, e adesso che entrambi sapevano tutta la verità, si amarono più di prima. Più tardi nacque loro un figlio che divenne un alto funzionario, e godettero di una vecchiaia felice e onorata.

 

Questo articolo ha un commento

  1. alberto

    Io non credo più da tempo nell’anima gemella.
    Sono tuttora solo, ho 48 anni, non mi sono mai né sposato né fidanzato, vista l’età e zero risultati ho perso anche l’ultima speranza da tempo.
    Sono sicuro di essere destinato a rimanere solo per tutta la vita, poiché la mia anima gemella non esiste, oppure sono destinato a non incontrarla mai.

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