La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte:
è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace.
Henry Scott Holland (1847-1917) canonico della cattedrale di St. Paul a Londra)
Quando lessi la prima volta questa poesia provai una intensa commozione, rammaricandomi di non essere mai riuscita ad esprimere con tali parole ciò che provavo riguardo alle persone morte alle quali ero legata da affetto profondo. Le parole “il tuo sorriso è la mia pace” mi fecero immediatamente evocare la figura della mia nonna, dalla quale, a detta del mio babbo, ho preso la risata, l’ironia e il gusto per la carne. Ricordare la nonna, come altre persone care che non ci sono più, mi fa pensare alla morte, questo passaggio così certo per ognuno di noi, auspicato da alcuni e temuto da tanti.
La morte, il morire, l’essere morenti; ognuno di noi nasce ed è subito morente, nel senso che va verso la morte, attraverso un lungo o breve periodo di vita, vissuto con gioia, con dolore, con paura, a seconda dei momenti, degli stati d’animo, degli eventi.
Pensare alla morte e al morire mi fa sentire viva e mi ricorda un’esperienza che ebbi durante un corso, appunto, sulla morte. Furono quattro giorni intensi, di riflessioni sulla vita
e sulla morte, che culminarono con una meditazione nella quale dovevamo immaginare di essere morti. Ricordo che pensavo, accompagnata da una musica altissima e penetrante, a tutto ciò che era stata la mia vita, ai progetti che non avevo potuto portare a fondo, al rammarico di non poter più vedere persone care e alla soddisfazione, comunque, di avere condotto una vita piena e ricca. Mentre mi stavo avviando in un corridoio nero verso una grande luce, all’improvviso la musica cessò e udii la voce del conduttore dire queste parole: “Non siete morti, era una meditazione, siete ancora vivi”. In quel momento sentii una gioia profonda ed una commozione così grande che mi misi a piangere, felice di essere viva, di avere ancora tempo, vita, spazio!
Non ho mai dimenticato quel momento ed ogni giorno cerco di vivere come se fosse l’ultimo, con intensità, vivendo a pieno ogni momento, che sia buono o che non lo sia. E mi sento bene pensando a chi non c’è più, persone che sento dentro di me anche se non posso vederle o toccarle; è come se la morte fosse davvero un passaggio e le persone che non vedo fossero nell’altra stanza e mi avessero lasciato qualcosa che le ricorda nel mio modo di fare. Che sia un gesto, un gusto, una canzone, un oggetto, un modo di fare, ogni persona che non c’è più vive in un pezzetto di me e mi fa compagnia, in questo mio viaggio di morente che non so quando finirà e dove mi porterà. Spero in qualche dimensione in cui io abbia l’occasione di rivivere, anche se in altri modi, forme, mondi, tempi, e dove sia possibile ritrovare chi non è più qui, magari in altre forme o situazioni.
Nel mio vivere adesso, -qui e ora, la morte e il morire è qualcosa che mi fa paura e mi attrae nello stesso tempo, quindi mi piace parlarne, chissà, magari per esorcizzarla, farci i conti, prenderci confidenza. Di sicuro so che di morte se ne parla poco, le persone in lutto spesso sono sole e si ritrovano a non saper gestire ed elaborare il dolore, proprio per la difficoltà che in genere si ha a parlare della Grande Signora e di tutto ciò che comporta. Per questo, nonostante sia difficile e doloroso, credo sia importante affrontarla, sia nella quotidianità, sia all’interno di una psicoterapia o di un percorso di conoscenza della morte, per elaborare i propri lutti, valorizzando il ricordo di chi è passato dall’altra parte, esprimendo e condividendo emozioni, pensieri, idee, sulla morte e il morire, perché sia possibile vivere meglio e morire meglio, quando accadrà.
Giulia Checcucci