La vita appartiene ai viventi, e chi vive deve essere preparato ai cambiamenti. ( Goethe)
L’unica costante della vita è il cambiamento. (Buddha)
Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. (Gandhi)
Mi piace scrivere qualcosa sul cambiamento perché è su questo che ho fondato la mia esistenza ed è proprio tale modalità di stare al mondo che cerco di trasmettere a chi ho vicino, persone conosciute, affetti, pazienti. Ricordo che una sera mi colpirono le parole della voce fuori campo di una puntata di Grey’s Anatomy e, ritrovandole anche in un blog su Internet, mi piace riportarle:
“Quando diciamo cose tipo “Le persone non cambiano”, facciamo impazzire gli scienziati. Perché il cambiamento è letteralmente l’unica costante di tutta la scienza.
L’energia, la materia, cambiano continuamente, si trasformano, si fondono, crescono, muoiono. È il fatto che le persone cerchino di non cambiare che è innaturale, il modo in cui ci aggrappiamo alle cose come erano invece di lasciarle essere ciò che sono, il modo in cui ci aggrappiamo ai vecchi ricordi invece di farcene dei nuovi, il modo in cui insistiamo nel credere, malgrado tutte le indicazioni scientifiche, che nella vita tutto sia per sempre.
Il cambiamento è costante. Come viviamo il cambiamento? Questo dipende da noi. Possiamo sentirlo come una morte o possiamo sentirlo come una seconda occasione di vita. Se apriamo le dita, se allentiamo la presa e lasciamo che ci trasporti, possiamo sentirlo come adrenalina pura, come se in ogni momento potessimo avere un’altra occasione di vita, come se in ogni momento potessimo nascere ancora una volta“.
Queste parole mi hanno davvero colpito perché condensano il mio pensiero, alimentato da ricordi, eventi passati, situazioni che sul momento potevano apparire devastanti ma che hanno portato a quella che sono oggi.
Tanti sono stati i momenti della mia vita nei quali ho deciso di cambiare, oppure è successo qualcosa che mi ha, in qualche modo, obbligata a farlo. I primi momenti sono sempre stati duri, accompagnati, sovente, da una sorta di senso di ingiustizia nel dovermi mettere a camminare per un’altra strada, ma anche di quel senso di sfida che mi portava a non rassegnarmi ma “rimboccarmi le maniche” e andare avanti.
Inevitabilmente, quindi, soprattutto a distanza di anni, ogni evento avverso che mi ha obbligato a fermarmi e decidere che strada fare, si è rivelato portatore di cambiamento e miglioramento. Un esempio abbastanza calzante è quello che riguarda i miei studi. Arrivata alla fine della Facoltà di Scienze dell’Educazione, in virtù della riapertura di una vecchia sanatoria avevo tutte le carte in regola per partecipare all’Esame di Stato per ottenere l’abilitazione alla professione di Psicologo, esame che ho preparato, sostenuto e passato. E fin qui tutto bene, potevo esercitare la professione, anche se, senza Laurea in Psicologia, non potevo partecipare a concorsi o iscrivermi ad una Scuola di Specializzazione in Psicoterapia perché per questo serviva una laurea in Psicologia o Medicina. L’evento avverso è stato che, dopo un anno, a me e tanti altri, è stato annullato l’esame perché la legge era stata interpretata male.
Lo sconforto è stato grande e totalizzante ma, dopo il primo momento in cui la sensazione costante era di un baratro che mi si stesse parando davanti, ho sentito una grande rabbia, senso di ingiustizia e incredibile determinazione a non farmi distruggere da una storia del genere.
In parallelo ai vari ricorsi al TAR, ho deciso, quindi, di iscrivermi alla Facoltà di Psicologia e per cinque anni non ho fatto altro che lavorare e studiare per laurearmi il prima possibile. Questo è avvenuto nella prima sessione del quinto anno e la dice lunga sulla mia motivazione, sorretta da un senso di rivalsa incredibile!
La cosa bella, comunque, è stata che una settimana dopo la laurea è arrivata la vincita del ricorso al TAR: avevamo ragione noi e, dopo poco, è arrivata la notifica dell’abilitazione. Ma la vera bellezza di tutto questo è stata rendermi conto che a quel punto potevo iscrivermi alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ed è quello che ho fatto, diplomandomi quattro anni dopo.
Ecco che questo ha significato volgere in positivo un evento avverso, cercando di scoprire quali strade e strategie potessi trovare in risposta a qualcosa che mi stava creando problemi.
Potrei portare tanti altri esempi e credo che ogni persona possa provare a vedere quanti momenti della propria esistenza sono derivati da eventi avversi che hanno dato il via ad un cambiamento. In questo senso, credo che ognuno di noi possa provare a guardare in un’altra direzione invece che fossilizzarsi su qualcosa che non sta funzionando come dovrebbe. Se si guarda bene, ogni cosa, ogni evento, ogni momento della nostra vita, può rappresentare un’occasione per alzare lo sguardo e provare a rivolgere lo sguardo in un’altra direzione.
E, per confermare l’importanza del cambiamento e della scelta di un’altra strada anche in risposta ai nostri automatismi comportamentali, ecco una poesia di Portia Nelson:
AUTOBIOGRAFIA IN CINQUE BREVI CAPITOLI
I
Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Ci cado.
Sono persa…sono impotente.
Non è colpa mia.
Ci vorrà un’eternità per trovare come uscirne.
II
Cammino per la stessa strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Fingo di non vederla.
Ci ricado.
Non riesco a credere di essere in quello stesso posto.
Ma non è colpa mia.
Ci vuole ancora molto tempo per uscirne.
III
Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Vedo che c’è.
Ci cado ancora…è un’abitudine.
I miei occhi sono aperti
So dove sono.
E’ colpa mia.
Ne esco immediatamente.
IV
Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
La aggiro.
V
Cammino per un’altra strada.